Questa è d’ogni alto ben nido fecondo Vinetia:
et tal che chi lei vede, stima
Veder raccolto in breve spatio il mondo
(La didascalia di una stampa acquarellata di autore anonimo, riportata in uno dei celebri volumi di Giacomo Franco, editi a Venezia, rispettivamente nel 1610 e nel 1614.)
Venezia, Regina dell’Adriatico, appare da sempre maestosa nei dipinti e nelle stampe.
Venezia città femminile più di qualunque altra.
Ci viene domandato spesso perché abbiamo scelto Venezia e di che cosa ci sprona a portare avanti il nostro lavoro.
Rispondiamo sempre: “Lei ci ispira”
Ci ispira la sua bellezza, la sua grazia, ma anche la sua frivolezza e la confusione.
Venezia è come una donna, racchiude in se il mondo.
Il mondo di diversità, dove ogni caratteristica è unica e differente.
Dove ogni pietra del suo vissuto è un’esperienza autentica.
È la città dove sono nate le cortigiane più belle e da dove proviene la prima donna laureata nel mondo.
Dove la donna ha avuto forse maggior rispetto, diritti e opportunità che altrove.
Ca’ Beltà vi racconterà le donne di Venezia. Dalle cortigiane alle dogaresse, ma anche artigiane, streghe, scrittrici, artiste…
Donne che hanno fatto la storia e hanno vissuto fra le calli dove camminiamo oggi, vissuto nei palazzi dove soggiorniamo oggi, ammirato i palazzi che osserviamo, creato musica, scritto libri, dipinto le opere d’arte…
E dove hanno combattuto per la libertà e creato bellezza.
La condizione delle donne libere negli ultimi secoli del Medioevo era molto meno sottoposta a vincoli e restrizioni di tutto il mondo occidentale.
La forte salvaguardia dei traffici internazionali e la spinta espansionistica della città stato, crearono le condizioni favorevoli al diritto delle donne. Le Veneziane di qualunque ceto di appartenenza potevano disporre dei beni mobili ed immobili.Raggiunta la maggior età ( 12 anni) potevano stipulare contratti di compravendita e locazione, effettuare le donazioni, fornire ed ottenere i prestiti.
Uniche limitazioni erano imposte alle moglie dei Dogi. Nel duecento dovevano giurare di non accettare i doni impegnativi, di non intromettersi negli affari pubblici e non investire denaro in alcuna operazione commerciale.
Le donne dei ceti inferiori erano impiegate in lavoro domestico, vendita al dettaglio, lavori d’artigianato. Fu davvero numerosa la presenza delle donne nell’attività di tessitura della seta, lana e cotone, ma anche nella lavorazione del vetro e cristallo.
Occupavano anche cariche prestigiose come esperte d’arte, nella filatura d’oro e nella medicina.
Per quanto concerne la schiavitù, innegabilmente una condizione dolorosa, veniva un po’ alleviata dalla possibilità di formare una famiglia tramite le nozze e di possedere e di disporre dei beni. In aggiunta spesso accadeva di essere citati nei testamenti dei proprietari, quindi di essere liberati e ricompensati, migliorando cosi in modo molto significativo il proprio stato sociale.
Mentre la servitù oltre a confidare nel futuro testamento dei loro datori di lavoro era tutelata dai contratti notarili di lavoro dove erano definiti i loro compensi e doveri.
